Sono originaria del Senegal, dove ho vissuto fino al 2021. Ricordo tante cose del mio Paese, che è di una bellezza incredibile, ma ha anche una storia triste a causa del colonialismo. Una di queste è testimoniata dalla Casa degli schiavi, un edificio storico situato sull’isola di Gorée, vicino a Dakar, e costruito nel 1776. Questa costruzione ha un grande significato simbolico a causa della tratta degli schiavi, per questo motivo nel 1978 l’isola di Gorée è stata proclamata Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
I primi Europei a mettere piede sull’isola furono i Portoghesi nel 1444, dopodiché arrivarono gli Olandesi, poi gli Inglesi e infine i Francesi: tutti lottarono per l’occupazione di Gorée perché era un punto strategico data la sua posizione geografica. Infatti era la più vicina alla costa americana e qui venivano radunati gli schiavi prima di essere portati in America per essere destinati alle piantagioni di canna da zucchero, cotone e tabacco. Quindi Gorée diventò il più grande centro di commercio di schiavi della costa africana.
Se entriamo nella casa degli schiavi al piano terra troviamo le celle dove venivano ammassate le persone: bambini, donne, uomini. Quelle degli uomini misuravano 2,60 metri per 2,60 metri e in questo spazio ristretto venivano stipati dalle 15 alle 20 persone sedute con la schiena contro il muro, con le braccia e il collo incatenati. Venivano rilasciati solo una volta al giorno per permettere loro di soddisfare i loro bisogni, ma rimanevano legati con catene alle caviglie che pesavano anche dieci chili.
Generalmente in questa Casa si viveva in uno stato igienico insopportabile. Il numero delle persone presenti variava dai 150 ai 200 schiavi. L’attesa per la partenza durava a volte anche tre mesi. In questa Casa il padre, la madre e i bambini venivano separati in celle diverse. Il valore di un bambino dipendeva dai suoi denti. Il prezzo di un bambino era solo uno specchio, un orecchino o una collana. Il prezzo delle donne dipendeva anche dal loro seno e dalla loro verginità. Il prezzo degli uomini dipendeva invece dalla muscolatura.
Gli schiavi partivano da Gorée per le Americhe, ma il Paese di destinazione dipendeva dalle esigenze dei compratori, ad esempio il padre poteva andare in Luisiana negli Stati Uniti, la madre in Brasile o a Cuba e il bambino ad Haiti. Gli schiavi lasciavano Gorée con i numeri di registrazione e mai con i loro nomi africani.
Il punto in cui gli schiavi si imbarcavano si chiamava la “Porta del non ritorno”. Da qui gli schiavi catturati in tutta l’Africa occidentale uscivano per essere poi caricati sulle navi che li avrebbero portati in America, per una vita di sofferenze. Molti però morivano in mare durante la traversata, sorvegliati da guardie armate, nel caso in cui avessero tentato di fuggire.
[Ngone – Corso C, Primo Periodo CPIA Voltri]
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